Il bail-in, o salvataggio dall’interno, è una modalità risolutiva utilizzata per prevenire il fallimento di un istituto bancario tramite il coinvolgimento di personalità interne. Per evitare tale fallimento, azionisti, obbligazionisti e correntisti vengono portati a partecipare alle perdite dell’istituto tramite il loro patrimonio.
Ma cosa succede ai conti deposito in caso di bail-in? C’è una correlazione tra titoli di stato e bail-in? E tra bail-in e prelievo forzato? In questo articolo tenteremo di fare chiarezza su questi aspetti. Ma, prima, ripercorriamo la storia del bail-in.
Il processo di bail-in è di recente utilizzo: è stato infatti usato per la prima volta nel 2008 dall’allora presidente dell’Investment Banking della Credit Suisse Paul Calello e dal vice presidente Wilson Ervin che, davanti ad una crisi che rischiava di stroncare l’istituto, optarono per una scelta differente, con un piano di salvataggio interno.
Fino ad allora, infatti, il modus operandi prediligeva l’utilizzo del bail-out, che si differenzia dal bail-in per il fatto che è lo Stato a finanziare le banche per evitarne il fallimento.
L’utilizzo del bail-out come piano di salvataggio predefinito fu pesantemente rivalutato a fine 2008, quando una delle più importanti società finanziarie di sempre, la Lehman Brothers Holdings Inc., dopo quasi 160 anni di attività dovette dichiarare bancarotta e conseguente fallimento, con debiti bancari accumulati per una somma pari a 613 miliardi di dollari.
L’operazione di bail-in è stata introdotta in Italia nel 2016, con la direttiva 2014/59/UE, spaccando l’opinione pubblica fra chi crede sia il processo di salvataggio migliore e chi invece lo trova un ulteriore peso sulle spalle dei contribuenti.
Bail-in sui conti deposito
Il bail in non è però causa di preoccupazione, in caso di rischio di fallimento della banca, per tutti i correntisti. Sono infatti diversi i parametri su cui il processo di salvataggio interno si basa per prendere le dovute precauzioni per evitare che i correntisti vadano effettivamente a rischiare il proprio patrimonio.
In principio, nel corso degli anni, la tattica di recupero interno ha incluso nell’elenco dei criteri da valutare una scala che determina l’ordine di priorità con cui gli investitori devono finanziare l’istituto bancario: in primo luogo verranno considerati gli azionisti, seguiti dai creditori con titoli a basso rendimento e solo successivamente verranno presi in considerazione i clienti della banca. Anche in questa situazione è importante fare delle precisazioni adeguate, poiché non tutti i clienti sono coinvolti.
Sono tenuti a finanziare la banca, infatti, soltanto gli azionisti che posseggono una cifra superiore ai 100.000 euro sul proprio conto deposito; la somma che verrà intaccata sarà però soltanto quella eccedente ai 100mila euro, il resto verrà lasciato inalterato.
Tutti i titolari di un conto con una liquidità inferiore ai 100mila euro saranno quindi esenti dalla partecipazione al bail-in e non vedranno portarsi via parte del saldo. Ciò perlomeno per quanto riguarda il denaro depositato: gli interessi e i dividendi, infatti, verranno inclusi nel piano di salvataggio e potrebbero essere utilizzati per rifinanziare la banca per evitarne il fallimento.
Sono esclusi dal patrimonio possibilmente coinvolto nel processo di bail-in anche i beni dei correntisti, come il contenuto delle loro cassette di sicurezza, e i debiti accumulati dalla banca verso i propri dipendenti, a prescindere se si tratti di debiti commerciali o debiti fiscali.
Bail-in non è un prelievo forzoso
Per via delle dinamiche che regolano il processo di bail-in, molte persone tendono a confondere un piano di salvataggio interno con un prelievo forzoso, poiché in pratica si parla sempre di una cifra che viene sottratta al correntista contro la sua volontà.
Le due operazioni sono invece abbastanza differenti nelle meccaniche e soprattutto nelle cause scatenanti: nel caso di un prelievo forzoso, il denaro viene sottratto direttamente dallo Stato per una qualsiasi causa riguardante necessità economiche di quest’ultimo o inadempienza del correntista intestatario, mentre a fronte di un bail-in la somma depositata viene intaccata dalla banca stessa e soltanto nel caso in cui quest’ultima si trovasse di fronte al rischio di un fallimento.
Al contrario del prelievo forzoso, il bail-in prefigge inoltre dei parametri da rispettare per il prelievo di denaro. Quest’ultimo permette di sottrarre denaro solo sulle eccedenze dei conti con un saldo superiore ai 100mila euro e dei soli interessi e dividendi, che non rientrano nel principio di separazione patrimoniale.
Trattandosi di un patrimonio differente e slegato da quello della banca, esso è quindi sprovvisto di una protezione apposita.
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